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SANT’ALBERICO


Non e’ facile attribuire un preciso periodo storico alla vita di Sant’Alberico - Eremita. Alcuni testi fanno risalire il periodo verso il IV/V secolo, quando in tutto il mondo cristiano di allora fiori’ e si sviluppo la vita eremitica. Altri lo collocano nella prima meta’ del secolo XI. Questa data genera ancor piu’ dubbi. Infatti, se pensiamo a quanta vita monastica crebbe e si sviluppo’ nei pressi dell’eremo in quel tempo, con ogni certezza ne sarebbe rimasta una traccia indelebile.
Secondo la tradizione popolare, il santo, di nobili origini, di cui si afferma che appartenne anche all’ordine cavalleresco di San Giorgio, sentitosi chiamare da Dio al suo servizio, lascio’ tutto per dedicarsi ad una vita ascetica, fatta di penitenza e preghiera. La prima meta, secondo la tradizione orale, fu nel territorio dove visse San Marino (IV secolo) alle pendici del monte Titano, dove in seguito fu eretta l’abbazia benedettina di S. Anastasio in Valle, diocesi del Montefeltro (oggi diroccata). Qui esiste una fonte di acque sulfureo/alcaline che sgorgo’ a motivo di un miracolo del santo e chiamata Fonte o Bagni di Sant’Alberico, nota fin da tempi antichi (oggi e’ centro di imbottigliamento di un’acqua minerale denominata di San Marino).
Al Santo Alberico pare che il luogo non piacesse, forse non era abbastanza “orrido” per la sua scelta ascetica.
Cosi’ si sposto’ alle pendici del monte Fumaiolo, il località Ocri, per poi trasferirsi definitivamente presso una grotta, poco distante, che diventera’ in seguito famosa col nome di eremo di Sant’Alberico, prendendo il suo nome.
Qui mori’, secondo la tradizione all’eta’ di 120 anni, e qui venne sepolto. La sua venerata salma vi è rimasta fino al 1300, quando, per paura che i fiorentini (i quali rivendicavano i territori sui quali era anche situato l’eremo) trafugassero il corpo, durante la notte le reliquie furono spostate in gran segreto a S. Anastasio in Valle e qui murate in un luogo a tutti sconosciuto.
Nel 1640, durante lavori di restauro, avvenne casualmente il ritrovamento delle reliquie del santo.



L’EREMO

L’Eremo di Sant’Alberico sorge a m. 1.147 s.l.m. a meta’ strada fra il paese di Balze e il monastero delle Celle in una profonda gola ai piedi dei Monti Aquilone, delle Celle e dell’Ocri. E’ un luogo di austera solitudine dove regna il silenzio, che invita alla riflessione e alla preghiera.
Un luogo mite nel periodo estivo e agghiacciante in inverno quando al verde dei faggi plurisecolari si sostituisce un bianco mantello di neve e ghiaccio.
Dell’eremo non si anno notizie certe sull’anno di fondazione, ne’ rimane alcuna traccia del suo originale aspetto ( una grotta austera che ben poco riparava dai gelidi inverni). Gia’ nel 1580 il suo aspetto appariva mutato; infatti i camaldolesi proprietari fin dall’anno Mille, avevano costruito due piccole cellette votive e tre celle ad uso abitativo per i monaci di quest’ordine che desideravano avvicinarsi alla vita del santo; vi era anche un orticello e una fonte, il tutto contenuto entro un muro di recinzione.
Nel 1408 fu unito, insieme al monastero della Cella (situato ai piedi del monte Aquilone), all’eremo maggiore di Camaldoli e lo affidarono alle cure di un eremita laico (non sacerdote) facendo cosi’ perdere al luogo il suo ruolo strettamente religioso.
Nel 1822 il monastero di Cella, compreso l’eremo di Sant’Alberico, fu venduto a privati. Segui’ un lungo periodo di abbandono fino quando, nel 1873, il luogo venne ceduto dalla famiglia Gabiccini di Balze alla diocesi di Sarsina. Il parroco di Balze, in quegli anni, lo rinnovo’ in modo che ancora vi si potesse condurre una vita di penitenza e preghiera. Fu appunto don Francesco Dezzi che fece costruire la via crucis lungo il sentiero che conduce all’eremo.
Nel 1954 Quintino Sicuro, in seguito ordinato sacerdote, ottenne l’autorizzazione di custodire e abitare l’eremo. Nel 1962 fu raggiunto da fratel Vincenzo Minutello. Questi rimasto lungamente solo (l’improvvisa morte di don Quintino risale al 1968), ha raggiunto il Padre nel 2006. Oggi l’eremo vive grazie alle cure di Fratel Michele Falzone, attuale Eremita.
L’ eremo rappresenta anche oggi, come nel passato, la meta di pellegrinaggi da parte di coloro che venerano il santo, nonche’ meta di tanti scout che vengono per sostare e ritirarsi insieme all’Eremita. Infatti la leggenda narra che Sant’Alberico, prima di dedicarsi alla vita eremitica, fosse stato cavaliere di San Giorgio, che e’ il santo patrono degli scout.

E’ noto che l’eremo e’ stato anche luogo di passaggio per San Francesco il quale per dirigersi verso il monte della Verna, ricevuto in dono dal conte Orlando Cattani di San Leo, percorreva il sentiero che dal monastero della Cella di San Giovanni Battista conduce all’eremo di S.Alberico per poi raggiungere il paese delle Balze e quindi continuare il suo cammino verso quel monte della Verna, a lui tanto caro, luogo in cui ricevera’ i segni della croce.

MA CHI E’ UN EREMITA?

Eremita dal greco eremites, da eremos, solitario, (e’ una persona che vive solitaria in luoghi nascosti).

Per evitare false interpretazioni e’ bene sottolineare cio’ che la chiesa cattolica intende considerare l’Eremita e quale sia il suo ruolo nella vita ecclesiale.
Il codice di diritto canonico al numero 603, dice:
§ 1 Oltre gli istituti di vita consacrata, la chiesa riconosce la vita eremitica o anacoretica con la quale i fedeli, in una piu’ rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della solitudine, nella assidua preghiera e penitenza, dedicano la propria vita alla lode di Dio per la salvezza del mondo.

§ 2 L’Eremita e’ riconosciuto dal diritto come dedicato a Dio nella vita consacrata se professa pubblicamente i tre consigli evangelici (poverta’, castita’, obbedienza), confermandoli con voto o con altro vincolo sacro, nelle mani del vescovo diocesano e sotto la sua guida osserva la forma di vita che gli è propria.(1983)
La vita eremitica e’ una scelta di vita che chiede di essere interpretata, piu’ che misurata


VIVERE DIFRONTE AL SIGNORE PER RINGRAZIARLO

Nonostante che ci si ostini ad interpretare la realta’ sociale unicamente dal punto di vista dei fenomeni di massa, vi sono, quale contrapposizione di fatto, senza alcuna iattanza, realta’ che inducono a riflettere sull’unicita’ e sulla singolarita’ di ciascuna persona.
Sono realta’, come questa di Sant’Alberico, che vengono sicuramente da lontano e affondano le loro radici nel medio evo, ma con altrettanta sicurezza, traggono linfa vitale da volonta’, desideri, atteggiamenti e comportamenti, che non solo sono connessi al presente, ma intendono assolutamente accedere alla quotidianita’, e che, anziche’ rivolgersi al passato, hanno ben chiaro il cammino da compiere verso il futuro.
L’eremo del quale qui si parla non assume, da questo punto di vista, soltanto la connotazione di un luogo verso il quale andare fisicamente, ma anche quello di un punto di riferimento verso il quale tendere spiritualmente.
E questo perche’ ciascuno, indipendentemente dalla propria collocazione sociale, indipendentemente dalla propria cultura, indipendentemente –potremmo aggiungere – dalla propria radice religiosa, o, in quest’ambito, dalla propria opzione, non puo’ disgiungersi da se stesso, rinunciare alla propria razionalita’ e, quindi, non cogliere con la mente e con il cuore l’urgenza, per se stesso e per gli altri, che costituiscono il suo prossimo, l’urgenza di un richiamo come l’eremo di Sant’Alberico per poter respirare, cioe’ per poter recuperare la propria dimensione terrena, quella stessa che gli permette di riconoscersi creatura, quanto meno di fronte alla natura, alla ricerca della propria essenza, anzi di Colui che stima e ama quella nullita’ senza nulla chiedere in cambio tranne un’ammissione, che sta all’origine dell’umanita’ di ciascuno, e che nella solitudine sollecita ad amare e a pregare.
Sono lieto che questo luogo venga conosciuto come introduzione e anticipazione per essere poi vissuto, almeno come meta per riflettere, meditare, pregare e sperare.
Intanto, qualcuno si occupa di tenere aperta la porta della nostra speranza, vivendo di fronte al Signore per ringraziarlo anche per noi e per rendergli onore.

Sua ecc. mons. Antonio Lanfranchi


GLI EREMITI A SANT’ALBERICO

- Don Quintino Sicuro (1920-1968)
Don Quintino Sicuro nacque a Melissano (LE) il 29 maggio 1920. Nel 1939 si arruolo’ nel Corpo della Guardia di Finanza diventando, nel 1946, vicebrigadiere. Visse il suo servizio distinguendosi per "sacrificio ed abnegazione". Da questo stato, Dio lo chiamo’ al suo servizio mediante un radicale mutamento della vita. Poverta’ e imitazione di Cristo furono una sua libera scelta, che realizzo’ a 27 anni fra l'ammirato stupore della gente, in modo originale, deciso, coerente e gioioso.
Devotissimo alla Madonna, affido’ alla sua guida materna il cammino non facile. La redenzione piena della sua giovinezza fece tappa prima a Treia (MA), poi negli eremi di Montegallo, Monte Carpegna (AP) e S. Alberico (FO) ove realizzo’ la sua più alta aspirazione: il sacerdozio. Fece del suo eremo un centro di accoglienza e spiritualita’ per tanti sacerdoti e laici, che salgono lassù in cerca di pace e di verita’. Nell'ansia di portare Cristo ai fratelli, visse donando e donandosi fino alla morte che lo colse improvvisa sul valico del Monte Fumaiolo, in un ultimo slancio di generosita’, il 26 dicembre 1968. Il 1° novembre 1985 il Vescovo di Cesena-Sarsina introdusse la Causa di Beatificazione e Canonizzazione del Servo di Dio, processo che si e’ concluso il 28 agosto 1991. Il 27 maggio 1993 gli atti processuali sono stati consegnati alla Congregazione dei Santi in Roma. Il 16 dicembre dello stesso anno presso il Comando Generale della Guardia di Finanza in Roma, si e’ aperta la fase Vaticana dell'iter di indagini che portera’ al riconoscimento delle virtu’ eroiche e della santita’ di vita del Servo di Dio.

- Fratel Vincenzo Minutello (1932-2006)
Nato a Racale di Lecce il 23 gennaio del 1932. Quando segui’ don Quintino e giunse all’eremo di Sant’Alberico, aveva trent’anni. Nella sua vita aveva provato il seminario, era suo desiderio diventare sacerdote, senza riuscirvi. Con don Quintino visse pienamente la sua vocazione diaconale. Sino alla morte del servo di Dio essendogli compagno e fratello, nella preghiera, nel lavoro, nei viaggi. Dopo la morte di don Quintino, dal 1968 al 2006, per quasi quarant’anni, nel suo ricorso, fu vigile abitatore dell’eremo, che per lui fu “l’anticipo del Paradiso”, ben voluto e aiutato da quanti hanno avuto la fortuna d’incontrarlo. Nel 1989 concesse un’intervista all’Associazione Amici di don Quintino di Melissano, che qui se ne riporta un breve tratto che consente di conoscere la sua umile bonta’ unita ad una fede di grande caratura. “Don Quintino, nei luoghi dove lui e’ vissuto e ha operato, lo ricordano come uomo veramente votato al Signore, che ha saputo staccarsi con generosita’ da tutte quelle cose che non lo aiutavano a realizzare il suo ideale: la santita’. [...] Le persone del posto riconoscono di essere state beneficate da lui spiritualmente, moralmente e materialmente. Lo ricordano come grande penitente e di una carita’ squisita […].
Io in particolare, lo ricordo uomo austero, di vita contemplativa e attiva. Dalla levata al riposo, riempiva gelosamente la sua giornata di lavoro e preghiera, senza perdere mai tempo. Per lui il tempo era prezioso e non doveva essere sprecato. Si adoperava con molto entusiasmo per aiutare le persone ad incontrare il Signore. Pronto in tutte le ore per accogliere tutti coloro che venivano a trovarlo, di notte e di giorno. Non si sentiva mai disturbato […] Quello che ho detto e’ solo quel poco che e’ potuto trasparire dal suo modo di vivere tutti i giorni […] Io da parte mia preferisco fermarmi qui […].
Dal 21 aprile 2007 anche i suoi resti mortali riposano presso l’Eremo.

- Fratel Michele Falzone (1962 - 2014)
E’ nato in una famiglia numerosa, costituita di tre fratelli e quattro sorelle, educato dai genitori a cogliere rilevanti espressioni artistiche sia nel campo dell’immagine che in quello della scrittura, ha vinto giovanissimo un concorso come stilista di alta moda, operando nel settore fino al 1986.
Ritiene di dovere la sua conversione a papa Giovanni Paolo II.
Entrato nei frati minori dell’Emilia Romagna, compie il probandato a Villa Verucchio e il noviziato a La Verna.
Dal 1988 continua gli studi nel seminario di Ferrara e, in seguito, nel convento dell’Osservanza di Bologna; poi, nello studio dell’Antoniano di Bologna, frequentando contemporaneamente la scuola per Tecnici Ortopedici dell’Istituto Rizzoli.
In vista di recarsi in missione, fa pratica nella casa di cura Madre Fortunata Toniolo, retta dalle Piccole suore della Sacra Famiglia.
In questi anni opera nell’Associazione Guide e Scout Cattolici Italiani (AGESCI), in particolare a Spettine di Bettola (Piacenza) ottenendo la nomina di International Chef e di Master. Nel 1990 e nel 1992 si reca in Papua Nuova Guinea; nel 1993 si prepara alla professione solenne all’Eremo del Getsemani in Terra Santa.
Pronunciati i Voti il 2 Ottobre 1993, nel 1994 parte per l’Australia.
Dopo un anno si reca in Papua Nuova Guinea, dove, utilizzando le esperienze precedenti e gli studi fatti, opera per tre anni al lebbrosario di Aitape, avviando poi una scuola per la preparazione di Tecnici Ortopedici.
Contratta la malaria, si cura in Australia, per fare poi ritorno in Italia nel 1997.
Si ritira per sei mesi all’Eremo di Montepaolo, poi dirige l’Oratorio Parrocchiale di Reggio Emilia, nella Parrocchia retta dai Frati minori.
Nominato componente della Commissione Giustizia e Pace e Salvaguardia del Creato del proprio ordine, coopera con il popolo dei Lakota (SIOUX), i rappresentanti dei quali porta in Udienza privata dal Santo Padre Giovanni Paolo II.
Nel contempo contribuisce l’apertura di una scuola e dell’Universita’ per la salvaguardia della cultura Indiana nella riserva del sud Dakota.
Nel 2000 e’ incaricato di occuparsi della segreteria del Visitatore Generale dell’Ordine dei Frati Minori nella regione Benevento e Irpinia. Trasferito a Villa Verucchio nella Comunita’ dell’Ordine di Formazione e di Promozione Vocazionale vi rimane tre anni.
In seguito, collabora con l’Opera Marella a Bologna, e svolge di nuovo l’incarico di Segretario del Visitatore Generale dell’Ordine dei Frati Minori nella regione laziale. Nel congresso Eucaristico di Bari, ha collaborato con la Conferenza Episcopale Italiana (C.E.I.) per l’Accoglienza ai giovani.
Ha partecipato a diversi incontri di preghiera della comunità di Taize’, con esperienze anche nell’ambito ecumenico.
Il Sabato Santo 14 aprile 2006 avvia la sua nuova esperienza come Eremita dell’ Eremo di Sant’Alberico nella diocesi di Cesena Sarsina. E’ una decisione, questa, senza peraltro dover rigettare l’esperienze fatte lungo il corso di vent’anni di apostolato nell’Ordine dei Frati Minori. In questa scelta si affida alla Beata Vergine di Lourdes per il suo cammino Vocazionale.
Il 2 febbraio 2008 nella Cattedrale di Cesena si consacra con i voti semplici, come eremita.
Nel febbraio 2010 il religioso francescano aveva giurato vita perpetua di solenne consacrazione come eremita, proclamando i suoi voti di povertà, castità ed obbedienza per tutta la vita terrena.
Poco prima di lasciare la vita terrena, l'8 gennaio 2014 Fratel Michele ha avuto il piacere di incontrare Papa Francesco a Roma.
Il 25 Gennaio 2014 Fratel Michele è tornato alla casa del Signore.
Dal 25 ottobre 2015 le sue spoglie riposano nel giardino dell'Eremo.

- Giambattista Ferro
Il 12 aprile 2016 da inizio al suo "anno di prova" all'eremo di sant'Alberico.